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La Chiesa di Santa Maria della Rosa

 

La Chiesa di Santa Maria della Rosa è la chiesa madre di San Vittore del Lazio. Si erge in uno dei punti più elevati del paese, a ridosso di Piazza Corte dei Santi e domina dall’alto tutta la valle circostante fino ai territori di San Pietro Infine e Mignano Montelungo nella parte sud, e fino al territorio di Rocca D’Evandro nella parte ovest.

L’attuale impianto deriva dagli innumerevoli interventi di rifacimento che si sono susseguiti nei secoli ed è di impostazione settecentesca. Tuttavia, la chiesa è senza dubbio di origine molto antecedente, col campanile posto al centro della facciata in corrispondenza dell’ingresso principale.

Come si evince dalle notizie contenute nel “Registrum Censuum et Confinium”, durante il medioevo il nome originario della chiesa era “Archipresbiterialis Ecclesia Sanctae Mariae” conosciuta come Santa Maria Maggiore, e solo a partire dal 1561 assumerà il nome attuale di Sanctae Mariae de la Rosa. Il cambio di denominazione derivò all’incorporazione di due altari presenti nella chiesa, quello Maggiore appunto e Santa Maria della Rosa.

La chiesa presenta una soluzione a tre navate. Le due laterali, sono separate da quella centrale da grandi arcate che donano armonia all’edificio.

Nel 1996 furono aggiunte quattro vetrate artistiche realizzate dalla giovane artista sanvittorese Carmen Spennato che ritraggono i simboli degli evangelisti. Nel 1998 la chiesa si è arricchita di un’ulteriore vetrata artistica, realizzata dalla Domus Dei di Roma, ispirata al tema dello Spirito Santo. Rispettivamente nel 1994, nel 1998 e nel 2000 la chiesa si è arricchita di tre pregevoli portali in bronzo realizzati dallo scultore sanvittorese di origini abruzzesi Alberto Di Campli. Il primo, quello centrale, è intitolato “Mistica Rosa” ed i pannelli che lo compongono ripercorrono le tappe più significative della vita di Maria. Il secondo, quello laterale, è dedicato a San Vittore Martire, patrono del paese e riproduce alcune scene tratte dal martirio del Santo decapitato nella selva di Lodi nel 303 a seguito della condanna a morte da parte dell’Imperatore Massimiano. Il terzo infine, che dà accesso all’adiacente casa canonica, è intitolato “Il Buon Pastore”. Questi abbellimenti si aggiungono ad altri fortemente voluti dall’allora parroco Don Antonio Colella che volle anche il restauro del prezioso organo a canne custodito all’interno, la finitura in oro zecchino delle lesene dell’edicola con l’icona di Maria posta in alto, in corrispondenza dell’altare maggiore, dello stemma della “Mistica Rosa” e dei capitelli delle grandi colonne che sorreggono le arcate interne.

In occasione del XVII centenario del Martirio di San Vittore (2003) furono aggiunte due opere di grande rilievo. La sede del celebrante, posta accanto all’altare maggiore, e un Fonte Battesimale di fine ‘800 con base ottagonale, forma geometrica altamente simbolica e tanto cara all’Associazione “Media Aetas – Sancti Victoris”.

Degno di menzione è anche il gigantesco crocifisso ligneo realizzato dallo scultore sanvittorese Vittorio Costantino e donato alla chiesa nel 1986.

L’Altare Maggiore, in stile barocco, fu donato dai sanvittoresi emigrati in America nel 1903 in occasione del XVI centenario del martirio di San Vittore.

Come vediamo dunque, all’interno di Santa Maria della Rosa sono presenti opere di pregevole fattura tra le quali spicca senza ombra di dubbio il Pulpito di ispirazione cosmatesca posto alla fine della navata centrale, sul lato sinistro, in prossimità del presbiterio.

Come dimostrato da alcune fonti fotografiche, fino alla metà del secolo scorso il pulpito era montato sul lato opposto e addirittura composto in maniera errata, tanto che gli elementi artistici alla sua sommità guardassero in direzione diversa rispetto ai leoni alla base delle colonne che lo sostengono. Lo stile a cui si richiama l’opera in questione è quello dei maestri marmorari romani del XII e XIII secolo, che prende il nome da Cosma di Lorenzo, membro dell’importante famiglia di artisti che durante il medioevo raggiunse risultati impareggiabili nella tecnica di decorazione di elementi architettonici attraverso l’uso di tessere vitree, a sua volta di ispirazione chiaramente bizantina. Di sicuro non sono noti né il nome dell’artista che lo ha realizzato né la datazione del pulpito, anche se l’appellativo di “cosmatesco” lo colloca in pieno medioevo. Il pulpito è sostenuto da quattro leoni stilofori, ognuno dei quali ha una postura sensibilmente diversa dall’altro, che a loro volta sostengono ciascuno una colonna su cui poggia la parte superiore formata da archi trilobi. Le colonne ed i capitelli che le sormontano hanno caratteristiche diverse tra loro, sia nel colore dei marmi che nella forma, e questo ha fatto avanzare alcune ipotesi, tutte plausibili. La prima, è che il pulpito possa essere stato realizzato da più di un artista in momenti diversi. La seconda, è che i materiali possano provenire da luoghi differenti e riutilizzati dopo un precedente scopo. Una terza, infine, è che per qualche motivo l’opera possa essere incompiuta e che l’artista non sia riuscito ad armonizzarla nelle sue varie componenti.

Volgendo lo sguardo verso l’alto si scorgono i bellissimi mosaici che in una delle facciate rappresentano due pavoni che si fronteggiano.

Salendo ancora, l’osservatore non può non soffermarsi sulla decorazione che troneggia sulla balaustra che circonda la parte calpestabile del pulpito. Un figura di nudo maschile che sorregge un libro, probabilmente un testo sacro, a sua volta artigliato da un rapace.

Ai piedi della figura principale un altro uccello, che sembrerebbe una civetta, un serpente attorcigliato alla gamba dell’uomo e una salamandra nell’atto di mordere il rettile.

Si tratta di un gruppo scultoreo carico di simbolismo religioso e che andrebbe ulteriormente approfondito. Il “nudo Eone”, con cui viene identificata la figura maschile, essere intermediario tra il mondo terreno e Dio, sorregge “il Verbo” sotto la presenza severa dell’aquila, simbolo di forza e potere. Il serpente avvinghiato alla gamba della figura maschile rimanda certamente alla minaccia del peccato e la salamandra, come elemento salvifico che interviene aggredendolo, richiama il tema della salvezza mediante intervento divino. Vale la pena ricordare che la salamandra, nella mitologia e nelle saghe popolari, è un animale a cui è attribuita la capacità di non soccombere al fuoco e di attraversare le fiamme rimanendo illeso. L’uccello alla base del nudo infine, se di civetta si tratta, è altrettanto significativo. Al contrario della cultura popolare moderna, nella mitologia greca, da cui tanto attinge la cultura cristiana, è un animale sacro alla dea Atena, simbolo di sapienza.

Altra opera interessantissima è il monumento funebre dedicato al Vescovo Guglielmo Capoferro posto all’ingresso della chiesa. Dedicato ad un esponente di spicco della potente famiglia sanvittorese dei Capoferro, ricorda la figura di questo personaggio morto Vescovo di Chieti nel 1352. Il defunto è rappresentato vestito con i sacri paramenti vescovili e sulla parete di testa è presente lo stemma di famiglia raffigurante la testa di un guerriero protetta da ferrea armatura, un “capo di ferro” appunto. Una lapide commemorativa di molto posteriore così recita:

 

GULLIELMO III CAPOFERREO

QUI EX TOURONENSIS ECCLESAE

IN GALLIA THESAVRARIO

EPISCOPVS TEATINUS A BENEDICTO

XII ANNO MCCCXL CREATVS, ET

ANNO MCCCLII MORTVVS EST

SANCTIVICTORENSES CONCIVI SVO

POSVERE

ANNO MDCCXXXVI

 

Trad.

 

GUGLIELMO III CAPOFERRO

GIA' TESORIERE DELLA CHIESA DI GALLIA

NELLA CITTA' DI TOUR

NOMINATO VESCOVO DI CHIETI

DA BENEDETTO XII NELL’ANNO 1340

E MORTO NELL’ANNO 1352

I SANVITTORESI POSERO A SUA MEMORIA

NELL’ANNO 1736

 

Degni di menzione sono anche i due confessionali settecenteschi, miracolosamente scampati ai bombardamenti alleati della seconda guerra mondiale, un’acquasantiera di fine ‘600 tuttora utilizzata e due opere dello scultore Alfiero Nena. Il bassorilievo “Il Seminatore” incastonato nell’ambone posto sul presbiterio, inaugurato nel 2006 e ispirato alla parabola dei Vangeli sinottici, e un crocifisso che nel 2007 fu posto sull’Altare Maggiore.  Da sottolineare l’importanza di tali opere poiché la fama di Alfiero Nena è di caratura assoluta. Il suo “Cristo Lux Mundi”, a partire dal 25 maggio 1990, troneggia accanto all’altare centrale nella basilica romana di S. Maria del Popolo. Dopo duecento anni una nuova opera veniva ammessa nella basilica e il fatto che lo stesso scultore abbia concorso all’arricchimento artistico della Chiesa di Santa Maria della Rosa non può che essere motivo di orgoglio.

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Pulpito: particolare (leone stiloforo)

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Pulpito: particolare (capitello)

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Pulpito: particolare (capitello)

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Pulpito: particolare (capitello)

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Pulpito: particolare (nudo Eone)

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Pulpito: particolare (salamandra)

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Pulpito: particolare (pavone)

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Pulpito: particolare (pavone)

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Pulpito: particolare (aquila)

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Monumento funebre al Vescovo G.Capoferro

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Monumento funebre a G.Capoferro (particolare)

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Lapide commemorativa Vescovo G.Capoferro

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Statua di S.Vittore il moro

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Altare di San Vittore

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Altare di S.Vittore: particolare

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Capitello ornato in oro zecchino

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Altare maggiore - particolare: (libro dai sette sigilli)

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Stemma "Mistica Rosa"

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Maria SS.ma delle Grazie (particolare)

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Abside a altare maggiore

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